martedì 6 ottobre 2009

Dal film alla citazione

Citatemi dicendo che sono stato citato male. (Groucho Marx)

Non esistono più i cineclub. Sono sparite le serate nei cinemini monosala, in cui ci si recava per vedere retrospettive e monografie assieme agli amici del cuore; magari con colonne sonore originali in ceco (mi ricordo ancora Gli amori di una bionda, di Forman), poltrone scomode, schermi sdruciti e pellicole così vecchie da autoincendiarsi (mi è capitato anche questo).
Eppure ho ricordi dolcissimi di queste serate, non solo per il loro carattere di occasione sociale tra intimi, gruppi di squinternati con la mania del cinema; ma soprattutto perchè in queste notti spartane, senza pop corn, senza aria condizionata, ho formato il mio gusto e la mia passione. Posso dire di aver avuto la fortuna di vedere retrospettive complete di autori come Fassbinder, Cassavetes, Cronenberg nel luogo che a loro più appartiene ovvero la sala cinematografica, in un'atmosfera di calore ed emozione che nessun salotto casalingo può riprodurre. Era una sorta di iniziazione che si faceva tutti insieme. Spesso mi recavo al cinema da sola, ma senza mai sentirmi sola.

Adesso vedo il diffondersi di un certo atteggiamento - le filmografie dei grandi registi non le conosce più nessuno, eppure tutti si danno alla citazione. Grazie a Youtube, è possibile informarsi su un certo autore, vedere cinque minuti di Bunuel o dieci di Truffaut, in senso puramente nozionistico ed enciclopedico. Non so come reagire di fronte a queste nuove abitudini fruitive.

Da un lato mi fa piacere perchè si risveglia l'interesse; dall'altro, la citazione, il breve brano, diventa un piacere puro a se stesso, un vezzo per far colpo sugli amici, e difficilmente il film verrà visto tutto.

La citazione cinematografica, in fondo, finisce col deprimermi. Mi sembrano epigrafi scritte su una lapide, di film che non sono più vissuti nè vivi. Necrologi dai tre ai sei minuti di durata.

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